Si presenta come costola del già ben avviato festival L’Umbria che Spacca, La Galleria che Spacca è una rassegna di visite guidate alla Galleria Nazionale dell’Umbria con, come peculiarità, il fatto che siano gli ospiti a spiegare alcune opere del suddetto luogo rendendo l’esperienza museale più interattiva e gradevole. Ormai alla sua seconda edizione, La Galleria che Spacca vanta nomi illustri in questo 2019 come Willie Peyote, Giorgio Canali e Umberto Maria Giardini, tutti e tre spalmati nei tre giorni canonici del festival perugino organizzato dallo staff Roghers (uno dei membri è Aimone Romizi, cantante e leader della band locale e molto amata Fast Animals and Slow Kids), già organizzatore del celebre Mercoledì Rock che anima le serate invernali di Perugia.
La rassegna consiste in una breve spiegazione di tre o quattro opere appartenenti alla Galleria Nazionale dell’Umbria e si presenta in tre formule: solo visita guidata, solo live dell’ospite o entrambe le cose. Noi eravamo in prima fila a vedere Guglielmo Bruno, aka Willie Peyote, che è stato bravissimo: col suo fare scherzoso e satirico si evince il fatto che il 34enne torinese sia influenzato dalle stand-up comedy, nostrane e d’oltreoceano, ed ha reso la storia di ogni opera presentata meno pesante alternando nozioni canoniche, come le varie simbologie medievali, di quest’ultime a riferimenti vari che fanno parte dell’attualità, come ad esempio l’indie italiano, ecc. Siccome i posti per la visita guidata (circa cinquanta) e quelli per l’incontro con l’artista (cinquanta anch’essi) erano limitati, il mini live (solo due brani erano concessi) è stato un momento molto intimo nel quale i presenti, una volta rotto il ghiaccio, hanno dato spazio a delle domande e, tra, la sua ammirazione per il fenomeno del momento Massimo Pericolo, il suo odio per l’uso eccessivo dei social network al giorno d’oggi (che purtroppo quasi sostituiscono le relazioni sociali), si è lasciato scappare un aggettivo che sintetizza il nuovo album a cui sta lavorando: “più incazzato che mai”.
Non è un mistero la sua indole nichilista verso una società che lo ha reso tale e che lo ha visto precedentemente vestire i panni di un umile lavoratore pagato a ore, ma è questa la peculiarità che contraddistingue Willie da altri cantautori della scena hip hop italiana e grazie a ciò si è guadagnato la stima non solo dei giovani ma anche di persone che hanno dato e danno lustro alla musica italiana, come Murubutu che lo ha voluto in una strofa del suo brano Occhiali da Luna e, indirettamente, anche Fabrizio de André; infatti Dori Ghezzi lo ha voluto nella scuderia impegnata nell’album Faber Nostrum, dove lui ha reinterpretato Il Bombarolo stravolgendola, rendendola sua, e così si è conquistato il cuore dell’ascoltatore e chissà, se fosse ancora in vita, magari anche quello del Faber stesso per aver avuto il coraggio di osare e di rivisitare una delle canzoni più importanti di sempre.
Poi è arrivato il momento clou, ovvero quello del live, dove Willie si è cimentato nell’esecuzione (insieme a Daniele Ghiandoni, membro dei FASK, alla chitarra acustica) di Le chiavi in borsa giusto per iniziare il mini live con un po’ di dolcezza e che raggiunge il picco più alto quando, dietro l’incitamento di Guglielmo, tutta la sala si è messa ad intonarne il ritornello lasciando ogni presente commosso per poi concludere con una premessa, “l’ultimo brano di questa giornata lo dedico al nostro Capitano”, che palesava l’esecuzione di Non sono razzista ma.
Un ringraziamento speciale a L’Umbria che Spacca.