Gli ultimi due progetti di Lean e Rocky sono passati relativamente inosservati, ma potrebbero risultare fondamentali nel definire il landscape del suono hip-hop del futuro
Nel 2018 sono usciti due progetti molto importanti, per i fan e forse per l’evoluzione del suono hip-hop futuro. Si sta parlando di Testing di A$AP Rocky e Poison Ivy di Yung Lean.
Il primo progetto ha finalmente rotto il silenzio di Rocky a seguito di sue sporadiche apparizioni. L’album è uscito decisamente in ritardo rispetto a quanto pronosticato (si supponeva nel 2017), ma alla fine è arrivato. Per quanto riguarda Poison Ivy, ogni mossa di Yung Lean è sempre attesa con trepidazione e soprattutto voglia di capire quale passo muoverà il rapper svedese. Quale modo migliore di annunciarla con una live Facebook di un’ora?
Entrambi i lavori sono stati finalmente rilasciati al pubblico, che li accolti in maniera quasi tiepida, rispetto al valore degli artisti che li hanno prodotti. Testing infatti, se escludiamo la prima settimana di vendite, non è riuscito a competere con i numeri dei precedenti album di Rocky. Anche di Poison Ivy l’hype iniziale è sceso molto presto poco dopo l’uscita. Per Lean però questa situazione è diversa: a differenza di Rocky non è mai stato un artista che si è nutrito del grande pubblico mainstream. La sua vera forza è sempre stato l’immenso sottobosco dell’underground hip-hop, che ha personalmente plasmato e di cui vediamo gli effetti adesso. Basti pensare che Gingseng Strip 2002 è uscito ben 5 anni fa.
Questi due album comunque potrebbero essere fondamentali e magari dare uno sguardo sul futuro dei suoni del rap e hip-hop futuro.
Testing è un progetto di per sé interessante per un semplice motivo: Rocky infatti ci apre le porte della sua «fabbrica del suono» e fa una cosa che nella grande musica, quella che nel bene o nel male deve vendere e pure tanto, non si fa più alla leggera, ovvero sperimentare, in totale libertà e senza alcun vincolo. Questo è qualcosa che ogni artista fa, ma questi alti e bassi musicali spesso non vedono mai la luce.
Il leader del Mob newyorkese invece decide di mettersi quasi a nudo. Suoni e temi sono di diverso ordine e genere, spaziano in maniera molto ampia facendo vedere come Rocky sia davvero un artista a tutto tondo, che può fare quello che vuole.
Il risultato è un lavoro che ovviamente non ha dentro di sé una coerenza di alcun tipo, ma tiene fede al suo nome assolutamente. Flacko testa i suoni e li condivide con noi. Ne esce così un pezzo magnifico come A$AP Forever RMX con due mostri sacri di generi assolutamente diversi quali Kid Cudi e Mobi. E poi Rocky cambia pelle, mette l’abito elegante e fa un duetto pazzesco con FKA Twigs dove i due sembrano conoscersi da una vita, per poi gettarsi a capofitto nelle strade di Londra per prendersi quello che gli spetta insieme a Skepta.
In tutto questa la creazione di una estetica specifica, con dei suoi colori e personaggi che la popolano. Il giallo e il nero, le bambole da crash test, il sangue che esce da tagli e abrasioni, la volontà di espandersi e di sperimentare, anche a costo di farsi male. Come dice in Praise the Lord (Da shine) «create, explore, expand, conquer». Rocky è riuscito a farlo, ha creato una strada per dare letteralmente vita ad un universo che vive di vita propria nella sua stessa musica.
Con Poison Ivy Invece Yung Lean fa qualcosa di diverso. Questo album segue l’ottimo successo di Stranger, in cui l’artista svedese crea similmente a Rocky un immaginario forte, utilizzando elementi anche molto complessi della letteratura ed riuscendo ancora una volta ad esprimere l’alienazione di chi vive gli anni ’10 del 2000.
P.I. è un EP molto corto, appena 8 tracce, che però servono a Lean per muovere quei passi necessari nella sua evoluzione di artista. Viene infatti trattato il classico tema della vita dopo essere diventati famosi, che possiamo trovare dappertutto, pensiamo a To Pimp A Butterfly di Kendick Lamar o Rockstar di Sfera Ebbasta (questi 3 album sono estremamente diversi l’uno dall’altro,sia chiaro, ma presentano questo comune filo conduttore).
Lean, come fa Rocky, apre sé stesso, però a livello estremamente personale. La vita dopo la fama è stata una agonia per lui, basti pensare all’abuso di droghe, la morte del suo amico e manager Barron Machat e una sparatoria al proprio tour bus a Pittsburgh. Però ce l’ha fatta. Grazie agli amici e a chi gli è stato vicino, riuscendo ad evolversi da quella che era una semplice internet sensation ad un artista vero e complesso nella sua espressione.
Ciò che conta di questo album però sono le produzioni di Whitearmor. Il suo lavoro su queste otto tracce riesce a evolvere ancora di più quel suono così avanti che era il cloud rap dello Yung Lean degli esordi, trasportandolo nel 2018 e rendendolo quasi adulto, si potrebbe dire. Non si parla più di carte di Pokemon, e i giochi di parole soliti sono stati sostituiti dalla sofferenza vissuta da un ragazzo che a 22 è già una leggenda musicale. In parole povere, Poison Ivy, con i propri temi e produzioni, pone un altro importante tassello per la musica hip-hop. E lo stesso vale per Testing. Non a caso dietro queste creazioni ci sono due mostri sacri della musica moderna.