Nel primo progetto dall’uscita di Side dal gruppo, la Dark Polo Gang prova a cambiare, ma il risultato forse non è quello sperato.
Dopo l’uscita di Side dalla Dark Polo Gang, molti si sono chiesti che cosa ne sarebbe stato del gruppo. Dopo l’uscita di British, estratto di Trap Lovers, loro ultima fatica e prima senza Arturo, la risposta è arrivata: Santana, Prynce e Tony hanno lasciato la Dark, per darsi a quel mischione di pop/trap che sembra ormai la necessaria conseguenza di chi arriva al successo mainstream.
E’ accaduto con Ghali, sembra essere accaduto anche con la DPG. Ghali però non ha tirato fuori dal cappello Crack Musica o Succo di Zenzero. Non ha scritto le pagine del mumble rap nostrano, il suo percorso è stato graduale e lo si poteva prevedere.
Con la DPG invece il cambiamento è brusco, quasi una sterzata improvvisa, con la macchina che rischia di cappottarsi su sé stessa.
La Dark Polo Gang ormai è famosa, si sa. E come tutti gli artisti hip-hop che si rispettino, anche loro hanno deciso di fare i conti con la fama e le conseguenze di tutto ciò. Trap Lovers ne è il risultato, e nonostante dietro ci siano pezzi da novanta come Sick Luke e Michele Canova (collaboratore di gente come Jovanotti e Fabri Fibra) a tirarne le fila, l’album manca di quella scintilla innovatrice dei lavori precedenti.
Trap Lovers affronta quindi il successo del gruppo, specialmente il tema dell’amore e della solitudine, la routine di chi è costretto essere al top. Il tutto viene accompagnato da sonorità molto più pop, ma che già si erano iniziate a intravedere con British.
Ciò che fa storcere il naso non sono i temi di questo tipo, quasi un rito di passaggio, basti pensare a Rockstar di Sfera Ebbasta. E’ il modo in cui sono affrontati: in maniera blanda, quasi si usasse il pilota automatico. Non c’è quella impronta nel suono, nelle rime che dice “siamo la Dark, sta roba la facciamo noi e la facciamo così”.
Sembra tutto quasi preso in prestito, un progetto studiato, leggero e di facile ascolto, ma senza nulla di personale. Un buon compito. L’apoteosi di tutto ciò sono gli adlib di Santana troppo simili a quelli di Travis Scott, salvo non dire il caratteristico “it’s lit” perché probabilmente sarebbe stato linciato.
Non a caso, in pezzi come Expensive o Acqua Fiji, la Dark ritorna sul terreno di propria competenza e tira fuori delle strofe niente male, con Mambolosco unico e ottimo featuring, mentre Toy Boy o Cambiare Adesso sono brani godibili, ma con sonorità che paiono quasi estranee al terzetto.
In sostanza, questo album segna l’inizio di un nuovo capitolo nella storia della Dark Polo Gang. Ma l’anima che ha dato vita a Crack Musica, The Dark Album e Succo di Zenzero sembra essersi persa. Purtroppo.