Lunedì 16 luglio siamo stati allo spettacolo David Byrne, American Utopia, al Teatro degli Arcimboldi di Milano. L’ex frontman dei Talking Heads ha portato infatti il suo ultimo album in tour in diverse città italiane: per prima Milano, seguiranno Ravenna, Perugia e infine Trieste.
American Utopia, undicesimo album da solista di David Byrne, è stato pubblicato il 9 marzo 2018, a ben 14 anni di distanza dal suo lavoro precedente, Grown Backwards del 2004. Dopo un’attesa tanto lunga, è ben prevedibile che il Teatro sia ricolmo di pubblico; un pubblico certo non giovanissimo, ma con grande voglia di ballare e lasciarsi trasportare. Nell’attesa, agli spettatori fa compagnia un delicato e curioso canto di uccellini.
Ma veniamo dunque alla performance: il sipario si apre rivelando un palco spoglio, di un grigio neutro e quasi asettico, mentre una tenda di catene fa da sfondo. Unici elementi un tavolo e una sedia, presso i quali David esordisce, da solo sul palco, con Here. Ben presto tavolo e sedia vengono liquidati, fanno il loro ingresso musicisti e ballerini e il palco prende vita.
Troviamo in scena 12 elementi, due ballerini e i restanti musicisti, tutti rigorosamente scalzi e vestiti di grigio (come lo stesso David) e con strumenti a spalla. Questo minimalismo scenografico consente dunque il massimo movimento e ogni momento dello spettacolo è perfettamente coreografato. Oltre al movimento, sono i giochi di luce ad animare il palcoscenico, con precisi cambi di colore e giochi di ombre che accompagnano ogni canzone.
Per un’ora e mezza si susseguono in scaletta brani di American Utopia, degli album precedenti, cover e anche qualche canzone dei Talking Heads (Once In a Lifetime e This Must Be The Place tra le altre).
L’acustica dell’Arcimboldi non delude e il pubblico ha modo di godere appieno di una performance vocale e strumentale davvero ineccepibile. David, che, ricordiamolo, ha 66 anni, non molla un colpo tra voce e balletti; il resto della band non è da meno e porta avanti la performance con grande competenza e gran fisico (portando il peso costante degli strumenti). L’artista infatti non manca di precisare che ogni singolo suono che arriva al pubblico è prodotto live dalla band, senza appoggiarsi a nessuna base (e per chi è seduto tra il pubblico ad ascoltare, davvero non pare così scontato).
David non si risparmia nemmeno qualche intervento politico, ricordando al pubblico l’importanza del voto anche nelle elezioni minori (“if you don’t vote, don’t complain”), ed eseguendo in chiusura una cover di Hell You Tambout, che riporta i nomi di molti afroamericani che hanno perso la vita in episodi di police brutality.
L’esecuzione di Burning Down The House, accompagnata da lampi di luce rossa, manda il pubblico in visibilio: l’intera platea non resiste più, si alza in piedi e va a ballare sotto il palco, finché la band non si ritira tra gli applausi scroscianti. Il pubblico non si accontenta e richiama la band che concede all’Arcimboldi ben due bis.
Si tratta dunque di un concerto che è molto più di un concerto, in cui una forte componente visiva accompagna la musica con grande teatralità. Musica che, peraltro, parla da sé. David Byrne live è un’esperienza da vivere, una vera celebrazione dell’arte e della musica, tanto sorprendente quanto coinvolgente, che nonostante l’altissimo livello tecnico e concettuale, si dimostra decisamente fruibile.
Scritto da Beatrice Pennati