Quest’oggi vi proponiamo Sarah Walk, che ha da poco dato alla luce l’album Little Black Book per One Little Indian (casa di Bjork e Asgeir) e in distribuzione Audioglobe. Sarah è inoltre riuscita a destare l’attenzione della critica che ha giudicato positivamente il suo lavoro, annoverandola già tra alcuni grandissimi della musica attuale, ma non vi diciamo altro.
Proprio a noi di Recovery Magazine ha concesso una breve intervista e questo è quello che ci ha raccontato.
La tua carriera comincia dal prestigioso Berklee College of Music ed è proprio lì che hai conseguito la laurea. Quanto questa esperienza è riuscita a formare l’artista che sei adesso?
Credo che abbia plasmato l’artista che sono oggi in molti modi. Per prima cosa, sono stata in un ambiente che mi diceva che costruire una carriera scrivendo musica non era una follia, ho iniziato a prendermi sul serio e quindi a dedicare il mio tempo alla scrittura lavorandoci ogni giorno. Credo di aver migliorato il mio sound e la mia voce attraverso questo percorso. Ho suonato inoltre con musicisti migliori di me, che mi hanno fatto capire che non devo fare tutto io, ma che devo concentrarmi sulla scrittura delle canzoni lasciando che la band si occupi del resto.
I media e i fan ti hanno paragonata ad artiste del calibro di Cat Power, Feist, Sharon Van Etten, Bat for Lashes. Ti senti vicina a loro artisticamente?
Sì, nel senso che sento che ognuna di loro si sta creando la sua strada. Non hanno paura di essere loro stesse: si distinguono dalla massa e hanno la loro voce. In tal senso credo che siamo simili. Ma non credo che suoniamo necessariamente nello stesso modo.
Il tuo più recente singolo è Amy, cover del celebre brano di Ryan Adams. Come mai questa scelta?
Ricordo la prima volta che ho ascoltato la canzone Amy in macchina nel Surrey. Stavo scrivendo lì e durante una pausa un mio amico mi ha fatto ascoltare quell’album. Quella canzone mi ha lasciato di sasso, mi ha commosso parecchio. Non avevo pianificato di farne una cover inizialmente, l’ho solo fatta ascoltare a Steve Brown, che stava producendo il mio album perché pensavo fosse bellissima e lui mi ha consigliato di provare a farne una mia versione. Credo che la band mi abbia aiutato a modificare l’arrangiamento abbastanza da distinguerla dall’originale mantenendone allo stesso tempo la fragile bellezza.
Come nasce la collaborazione con One Little Indian?
Ho incontrato Derek tramite il mio manager, che ho incontrato grazie a Steve Brown. Sapevo che la One Little Indian è un’etichetta che si propone di lasciare gli artisti liberi di essere chi vogliono essere, lasciando a loro il controllo creativo, e Derek è prima di tutto un amante della musica. Questi sono gli aspetti che inizialmente mi hanno attratto all’etichetta.
Sarah, grazie per averci concesso quest’intervista. Avrei però un’ultima domanda: hai un consiglio da dare a chi si approccia per la prima volta allo studio di uno strumento musicale?
Direi trova quello che ami di quello strumento e lascia che ti coinvolga. Ho fatto un college di musica, ma mentre ero lì non ho dimenticato che io amo scrivere. Ovviamente ho dovuto imparare la teoria e certi aspetti di lettura musicale, ma non compromettere mai le tue passioni per uno strumento per qualcos’altro. È questo a renderti te stesso.